John Kobylecky ci porta alla scoperta del match senza dubbi più emozionante della prima edizione del campionato del mondo di snooker. L’esperto Albert Cope e il giovane Alec Mann si affrontarono in un incontro memorabile, rimasto negli annali della storia del gioco

Albert Cope in una rara foto pubblicata sulla rivista Billiard Monthly nel ottobre del 1913 (credits Peter Ainsworth)

Albert Cope (Birmingham) 8 – Alec Mann (Smethwick) 6

COPE – MANN

45-65; 2-95(27,16,16); 19-72 (25,18); 32-86 (32) [0-4]

51-96: 95(13+,13+,13+)-14: 41-55 [1-6]

74-11; 56-51; 51(22)-48; 61-32 [5-6]

76-36; 77-39; 106-13; (quindicesimo frame non disputato) [8-6]

È davvero difficile stabilire quale sia stato il match più emozionante nella prima edizione del campionato del mondo di snooker. Sia il match tra Cope e Mann, sia in quello tra Tom Dennis e Tom Carpenter sono incontri che possono essere definiti memorabili. Ma senza dubbi il modo in cui si è svolta la partita tra Cope e Mann è ancora oggi presente nella memoria collettiva del gioco.

Come si è spesso detto e ancora oggi si dice, la cosa più difficile per un giocatore è superare la linea del traguardo: proprio nei momenti cruciali infatti alcune bilie diventano molto più importanti di altre. Inoltre è quasi sempre vero che su un tavolo da snooker in certi momenti non è importante come siano disposte le bilie, ma cosa passa per il cervello al giocatore in un preciso momento. Il match tra Cope e Mann rappresenta senza dubbi l’epitome di questo fenomeno.

Alec Mann aveva da poco compiuto 24 anni prima dell’inizio del match ed era il più giovane giocatore ad essere presente ai nastri di partenza del torneo. Il suo avversario Albert Cope era invece una vecchia volpe, visto che aveva iniziato a giocare a biliardo ancora prima che Mann fosse nato. Può sembrare dunque ovvio che Cope non avesse l’acume snookeristico del suo giovane avversario, ma di certo si trovava a suo agio con le ventidue bilie molto più di altri giocatori di English Billiards, e soprattutto vantava una maggiore padronanza del tavolo, frutto della sua lunga esperienza.

Smethwick era molto vicina a Birmingham, sede dell’incontro. Si giocò molto in anticipo rispetto alla data prevista e la sede scelta fu una delle sale del Bright Street, di proprietà di Bill Camkin, organizzatore del torneo. In palio c’era anche l’orgoglio, visto che Smetwhick confinava sì con alcuni quartieri di Birmingham, ma era difatti un’altra città. Mann voleva dimostrare di non essere un Brummie qualsiasi, anche se la distanza che separava le due città era insignificante. Spiegato ciò, non dovrebbe sorprendere che la stampa dell’epoca ignorò completamente tutti questi preamboli.

Bill Camkin, organizzatore del torneo (credits Andy Hunter)

Sin dalle prime fasi del match era chiaro che Mann, il più giovane e fresco dei due, aveva un’attitudine decisamente migliore per quanto riguarda l’imbucare. Mann dominò la prima sessione, mostrando di sapere padroneggiare il gioco di serie. Egli si fece notare soprattutto nella prima sessione serale, conclusa in soli novanta minuti, durata che non sfigurerebbe neanche oggi. Dall’altra parte, il vecchio Albert era sicuramente preoccupato per come si stava mettendo la sessione dopo il primo frame. Cope aveva messo insieme un buon vantaggio, giocando a ritmo rallentato, salvo poi finire invischiato in una lunga battaglia tattica, in cui Mann era riuscito a recuperare tutto lo svantaggio facendo cadere sotto snooker l’avversario diverse volte.

Cope era stato punito proprio dal tipo di gioco difensivo che era solito fare. È doveroso ricordare che veniva utilizzato un approccio in bona fide per stabilire un fallo da miss deliberato, ciò significa che la maggior parte delle volte la regola non fu applicata. Soltanto nel quattordicesimo frame il totale di punti messi a segno in un frame superò il numero 100.

Durante il sesto frame, Mann non riuscì a fare la stessa cosa e fu chiaro che Cope era in grado di imbucare molto bene se non coinvolto in situazioni di grande pressione. Cope mise a segno tre break ravvicinati sotto i 20 punti e sfiorò un numero allora ritenuto sensazionale di cinque bilie imbucata in successione. Ciò accadde anche nell’ultimo frame della sessione, anche se questo fu caratterizzato da un gioco difensivo molto passivo in cui Cope incrementò il proprio vantaggio a furia di imbucate singole.

Giunti ai colori della serie finale, la maggiore propensione al gioco d’attacco di Mann e la steccata più solida, gli permisero di ricucire lo strappo, portandosi avanti di un punto (42-41). Qui Cope avrebbe dovuto imbucare la rosa, ma commise un errore, permettendo a Mann di andare sul 48-41. Un altro errore fatale sulla nera condannò il giocatore di Birmingham, e fu chiaro che in questi momenti decisivi Albert Cope non era l’uomo su cui fare affidamento.

Nella seconda giornata, per la precisione nel nono frame, sembrò di rivivere un déjà-vu. Sul 51-43 soltanto due bilie erano rimaste al tavolo. Cope riuscì ad imbucare la rosa e a portarsi sul 49-51 ma il suo errore sulla bilia-chiave a questo punto giunse quasi prevedibilmente. Una comoda nera attendeva soltanto di essere imbucata.

Sorprendentemente, in maniera inesplicabile, Mann la sbagliò, giocando con troppo taglio, lasciando a Cope una bilia impossibile da sbagliare. Fu un momento topico del match, che da questo punto in poi cambiò completamente direzione. Cosa ancora più importante fu come Mann reagì mentalmente a quell’episodio, un vero e proprio brutto sogno che si sarebbe trasformato in un incubo e che lo condizionò per il resto dell’incontro. Il destino volle che Mann non riuscisse più ad aggiudicarsi neanch un frame.

Fu quasi doloroso assistere al resto del match. Sarebbe stato meglio una fine rapida e indolore per Mann, ma Cope non possedeva quel tipo di snooker e dunque per aggiudicarsi il match, in maniera quasi sadica, non poté che vincere con il suo ritmo, acuendo di fatti la sofferenza del suo avversario. Esemplificativi di ciò furono i frame dieci e undici. Nel primo dei due, Mann iniziò ad accumulare sin da subito un buon vantaggio e riuscì a mantenerlo in pratica fino all’ultima bilia. Il match però era già girato. Difatti Cope realizzò una ripulitura dalla marrone alla nera, realizzando la sua miglior serie (22) per chiudere sul 51-48. Nel secondo, accadde invece l’esatto contrario, con Cope che però riuscì a portare a casa il frame resistendo e giocando sempre in maniera difensiva.

Gradualmente e in maniera scrupolosamente sadica Cope da questo momento in poi riusciva a portarsi avanti, senza in pratica mai mettersi in serie, e sfruttare questo vantaggio nei momenti decisivi del frame. Portarsi avanti e rendere le cose difficili per l’avversario. Con i dovuti termini di paragone relativi all’epoca, questo è il tipo di gioco che spesso quest’oggi viene associato a Mark Selby.

Tale modus operandi messo in pratica da Cope fu crudele anche perché sembrava ci fosse sempre una speranza per Mann in ogni frame. L’esito finale entrò nella storia dello snooker.

Perché Birmingham è la vera casa del campionato del mondo di snooker? (in inglese)

Sull'autore

Marco Staiano

Sogni, speranze e illusioni celati in ventidue bilie colorate.

1 Commento

    […] Pillole di storia: l’angolo di Kobylecky […]

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