Non soltanto i grandi campioni danno il loro contributo alla storia dello snooker. C’è chi lo fa lavorando dietro le quinte, perché no, con un tocco di eccentricità. Questa è la storia di Anthony Bridge. Dal vendere metal detector sino a diventare un punto di riferimento nella vendita di stecche e accessori. Senza dimenticare la carriera come manager e giocatore professionista.
Parte 1: il Venditore
All’età di 18 anni mi ero ritrovato a dover pagare a rate una costosa macchina da stampa che avevo utilizzato in un investimento finanziario. “Denaro assicurato” mi dicevano, un’esperienza che mi insegnò molto. Tormentavo chiunque conoscessi per fargli stampare qualcosa appena ne avesse bisogno. Due anni dopo avevo acquisito l’azienda che mi vendeva il materiale e qualche tempo più in là avevo acquistato un locale commerciale e poi anche il capannone che avevo vicino casa.
A quel punto avevo in pugno tutti i circoli sociali del Nord-Ovest dell’Inghilterra, stampavo biglietti del bingo e mi occupavo di rifornire le sale giochi. Riempire il capannone vicino casa con tutti i prodotti che vendevo fu una sperimentazione, che mi fu utile però per capire i miei errori. Formai un club del metal detector che si riuniva nel mio scantinato una volta al mese, lo feci soltanto per cercare di vendere qualcuno di quegli aggeggi. Avevo iniziato anche a vendere biglietti per il teatro e per i concerti, anche a Londra. La svolta però arrivò quando iniziai a occuparmi di stecche e di tutti i prodotti relativi allo snooker.
Per mia sorpresa, le prime due stecche vendute furono le due più costose che avevo acquistato. Iniziai quindi a comprare spazi pubblicitari su Snooker Scene. Spesi ore e ore a incollare fotografie di stecche da snooker su dei volantini, prima di spedirli in giro per il mondo. Le vendite iniziarono ad aumentare.
Un giorno entrò nel mio negozio un uomo cinese. Indossava un vestito tre taglie più grandi della sua. Disse di chiamarsi George Wood (all’epoca era normale per i cinesi usare un nome occidentale quando facevano affari qui da noi). Era il proprietario di una grossa compagnia taiwanese che vendeva stecche e accessori per lo snooker a prezzi molto vantaggiosi, che in quel momento non potevo battere. Dopo averci pensato su, decisi di investire e piazzai il più grande ordine della mia vita.
Feci scattare fotografie di tutto il materiale da un professionista e poi mia moglie Beverly disegnò e mise assieme una spettacolare brochure da 24 pagine che mostrava il calcio di tutte le stecche quasi a dimensione reale.
Poco dopo le mie vendite iniziarono a crescere a dismisura. Nelle pubblicità avevo messo ben in mostra il fatto di avere a disposizione più di mille stecche per i clienti privati, con tanto di tavolo a disposizione nel negozio per poterle testare.
Iniziai a vendere sia a singoli che ad altre compagnie, avendo la possibilità di fare grossi sconti, visto l’ordine che avevo effettuato. Sulla brochure si poteva leggere il costo della spedizione in tutti i paesi del mondo e quindi chiunque, anche dal mio sito web, poteva acquistare senza il bisogno di aver alcun contatto diretto con noi. Gli ordini arrivavano in qualsiasi modo, anche via fax e via telefono. La popolarità dello snooker cresceva e così anche le mie vendite.
Sono molto grato sia a Barry Hearn che ai giocatori per aver allargato i confini dello snooker. I fornitori asiatici iniziarono a invitarmi per visitare le loro fabbriche, mi pagavano il viaggio e mi portavano in giro in diverse città. Sono stato in Cina, a Taiwan e a Hong Kong. Mi resi conto che ognuno di loro aveva pagato per me l’aereo e l’albergo, così decisi di fare lo stesso con tutti i clienti che avevo all’estero. Avevo acquirenti in tutto il mondo. Vennero a trovarmi da Bahrain, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Irlanda, Francia e Belgio.
La voce iniziò a spargersi e divenni l’uomo da incontrare se si voleva una stecca di alta qualità, anche quelle più lussuose con nome e badge personalizzati. Un giorno ebbi il piacere di avere come ospite Alex Higgins, che provò diverse stecche sul mio tavolo. Alla fine ne acquistò una da 50 sterline, che doveva essere un premio per una delle esibizioni a cui partecipava.
In quel momento sembrava che le abilità di Alex lo avessero abbandonato e si diceva in giro che anche dal punto di vista economico non fosse del tutto affidabile. Mi scrisse un assegno e sul momento pensai: “Cosa succede se mi ritorna indietro?”. Alex aveva fatto tantissimo per rendere popolare il gioco che adesso mi stava arricchendo. Se in quel momento dunque la fortuna non era dalla sua parte, non me ne sarei fatto un problema e non lo avrei infastidito. L’assegno comunque mi fu regolarmente accreditato.
Tanti giocatori passavano dal mio negozio, ma quello che ricordo con più piacere è Ray Reardon, che veniva a rifornirsi di stecche e custodie da vendere alle sue esibizioni. Era coinvolto economicamente in un club a Stoke e spesso mi diceva di passare lì per giocare qualche frame insieme a lui. Una volta arrivò poco dopo che ero entrato. Quando finalmente mi raggiunse al bar era passata già mezz’ora: si era fermato ad ogni singolo tavolo del ristorante del club, informandosi sulla qualità del cibo e rispondendo alle domande degli ospiti.
Una mattina ero alla mia scrivania aprendo la posta, quando mi arrivò una telefonata. Uno dei miei clienti abituali mi aveva telefonato per dirmi di essere in difficoltà con il pagamento di un lotto, visto che un incendio gli aveva distrutto il negozio. Mi chiese se poteva avere un mese extra di tempo per poter completare l’ordine. Accettai la proposta, ricordandomi anche che le stecche e le custodie non erano perfette al 100%. Allora lo ritelefonai subito e chiesi se ne voleva altre 20 in omaggio. Subito dopo tornai ad aprire la posta e mi trovai la richiesta di un ordine e un assegno da 2.000 sterline. Ero stato ricompensato in passato per buone azioni, ma mai così velocemente. Quel cliente da quel momento in poi non ebbe mai più problemi a pagare in tempo.
Clienti da 65 diverse nazioni nel mondo mi avevano aiutato a raggiungere l’obiettivo che mi ero posto da ragazzo: andare in pensione a 50 anni. Ridimensionai l’azienda e da venti operai passammo a essere solo io, mia moglie e i miei fratelli. Dopo 34 anni di duro lavoro, decisi di vendere tutto e alla vigilia del Nuovo Millennio andai ufficialmente in pensione.
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