In una lunga e mai banale intervista rilasciata per Metro.co.uk, Mark Williams parla a ruota libera di diversi argomenti. Il suo rapporto con la sconfitta, la gotta, che non ne vuole sapere di lasciarlo in pace, e il suo discusso tiro d’apertura. Senza tralasciare alcuni suggerimenti per migliorare il circuito, dal format di gioco al dress code.
Notoriamente famoso per dare poca importanza al vincere o al perdere quando gioca a snooker, Mark Williams riesce a pensare soltanto a due sconfitte nella sua intera carriera che gli abbiano lasciato un segno, nonostante ci siano altre cose che infastidiscono il gallese sul circuito.
Il tre volte campione del mondo a 46 anni è ancora in grado di competere ai massimi livelli, avendo vinto all’inizio di questa stagione il British Open, il suo ventiquattresimo titolo in carriera.
Giocherà questa settimana al Champion of Champions, trofeo che ancora non ha conquistato, ma nel farlo fronteggerà i postumi sia del Covid che della gotta.
Dopo essere risultato positivo ad un test, Williams ha saltato sia l’English Open che le qualificazioni dell’European Masters. Nonostante sia sulla completa via della guarigione, la sua “vecchia amica”gotta minaccia di colpirlo ancora.
“Mi sento un po’ meglio adesso”, ha detto Williams a proposito della sua battaglia con il Covid. “Il senso del gusto mi sta ritornando piano piano, sono stato per quasi sei giorni a letto. Tremavo continuamente.”
“Spero di star bene martedì (affronterà Neil Robertson), dita incrociate. Se fossi stato come la scorsa settimana, mi sarei dovuto cancellare dal torneo.”
“Credo che la gotta stia ritornando! Sto prendendo di nuovo delle pillole. Di solito fanno effetto in due, tre giorni e riesci di nuovo a camminare tranquillamente. Ho sentito la mia anca scricchiolare, quindi le ho iniziate a prendere di nuovo per sicurezza.”
“Mi hanno detto di provare a mangiare in maniera più salutare, ma non avevo mangiato carne per due/tre settimane prima che iniziassi a provare fastidio, quindi è strano. Ho ricominciato a mangiare la carne adesso. Mi hanno detto anche di non bere troppo, ma di questi tempi non è che lo faccia spesso. Non voglio perché l’alcool può davvero fare male.”
Malattia e infortuni hanno un po’ rovinato la forma di Williams, dopo un inizio straordinario di stagione e dopo gli ottimi risultati ottenuti sul finire dello scorso anno, quando vinse le WST Pro Series e raggiunse i quarti al Crucible.
“Ho vinto un titolo lo scorso anno, cosa che sono già riuscito a replicare adesso e sto giocando davvero bene. Sono stato sfortunato a dover fronteggiare contemporaneamente Covid e gotta quando il mio gioco era su ottimi livelli.”
“Anche con la gotta sono stato ad una sola bilia dal battere 4-0 John Higgins, avrei dovuto essere nei quarti al Northern Ireland Open e poi chissà cosa sarebbe successo?”
“Ho dovuto saltare due tornei consecutivi e adesso devo provare a ritrovare la mia miglior forma. È strano.”
Williams afferma sempre di non essere per nulla annoiato dalle sconfitte ed è dello stesso parere anche dopo essere stato battuto 4-3 dal suo vecchio rivale Higgins a Belfast.
“In tutta onestà, ho sbagliato una rossa facile che mi avrebbe fatto vincere 4-0. Una mano di rossa-nera ed era fatto, semplice. Invece ho perso, gli ho stretto la mano ed è finita lì.“
“Non riesco a capire perché le persone non ci credono, perdere non influisce minimamente su di me. I commentatori hanno continuato a ripetere: “Questa sconfitta gli farà male per un po’ di tempo.” Fare male? Come? È soltanto una partita di snooker, perdio!”
Sembra impossibile per Williams, passato professionista nel 1992, che neanche una volta una sconfitta lo abbia tormentato. E dopo averlo un po’ pressato, il gallese tira fuori due esempi di partite in cui si è sentito perlomeno seccato.
“L’unica che mi viene in mente è quando persi contro Ali Carter allo Uk Championship nel 2008. Eravamo sull’8-8, ero in serie e ho fallito una rossa per vincere la partita. Mentre tornavo a casa in auto, non rivolsi neanche una parola al mio amico Matthew. Guidai ad una velocità spaventosa per tutto il tragitto.”
“La mattina successiva ero ancora stizzito. Forse è l’unica partita in trent’anni in cui mi sono arrabbiato per il risultato.”
“Magari me ne sfugge qualche altra. Ma adesso che ci penso ce n’è stata una lo scorso anno, quando giocavo le qualificazioni del German Masters contro Paul Davison.”
“Eravamo sul 4-4. Davison commise fallo sulla gialla, ero seduto dietro di lui, era un fallo vistoso. Dissi all’arbitro cosa era accaduto. Lei mi rispose: “Come fai a saperlo?”. Beh, ero seduto dietro di lui. Chiesi se si potesse controllare e mi risposero di no. La cosa mi annoiò, ma soltanto per il modo in cui è accaduta.”
“Qualche settimana dopo Paul venne a chiedermi scusa, dicendo che era fallo, ma giustificandosi dicendo che non se n’era accorto, o qualcosa del genere. Ormai è passato già troppo tempo. Perdere per me non fa alcuna differenza, ma in quel caso l’errore era evidente. Non mi sono potuto lamentare troppo perché l’arbitro non se n’era accorto. E se ti dice una cosa del genere, puoi farci poco. Resta comunque un caso isolato. Non ho molte altre partite di cui lamentarmi nei mie trent’anni di carriera.”
A parlare è l’esperienza di un veterano oppure semplicemente un atteggiamento naturale insito nella sua personalità? Williams risponde: “Sono sempre stato così. Pochi ci mettono il mio impegno quando sono al tavolo. Ma appena finisce, ci si stringe la mano e finisce lì.”
Se è difficile infastidire Mark al tavolo, ci sono eccome cose che cambierebbe nel regolamento. Ciò che proporrebbe in concreto è una riduzione del numero dei professionisti e la garanzia di un prize money per i giocatori sconfitti al primo turno.
Con i dilettanti di maggior prestigio sempre coinvolti nei tornei e gli sconfitti al primo turno che portano a casa nulla, se non spese, Williams preferirebbe un circuito professionistico più piccolo, ma allo stesso tempo più sostenibile per i giocatori coinvolti.
“Non fatemi cominciare… Se perdi nell’ultimo turno alla Q-School hai le porte aperte ovunque. Puoi giocare tra i professionisti, tra i dilettanti e se hai più di quaranta anni anche tra i Seniors. Come fa ciò ad essere giusto?”
“È sbagliato avere i dilettanti, seppur di alto livello, come riempitivo per ogni torneo. Tolgono il posto a professionisti che stanno cercando di guadagnarsi da vivere sul circuito. Secondo me non dovrebbero avere un posto se non riescono a passare tramite la Q-School. Può andare bene al massimo per un singolo evento. Forse è la mia opinione, ma per me non è corretto.”
“Più della metà dei giocatori che sono al circuito sono al verde. Devi arrivare nelle fasi avanzate per poter mettere in tasca qualche soldo vero e non sono in tanti a riuscirci. Di solito sono sempre gli stessi giocatori a riuscirci, quindi è difficile guadagnarsi da vivere.”
“Non si riesce mai ad avere 128 giocatori in un torneo? Per quello secondo me sarebbe meglio ridurre il circuito, non so a quanti giocatori. In questo caso però si garantirebbe a tutti coloro che riescono ad entrare tra i migliori un modo per potersi mantenere economicamente, includendo un assegno anche per gli sconfitti al primo turno.”
“Sarebbe un incentivo per poter raggiungere il circuito. Una volta arrivato tra i migliori, ti sarebbe garantito un guadagno. Non ci sarebbe troppo da preoccuparsi per una sconfitta. Sarebbe più difficile entrare, ma allo stesso tempo un porto più sicuro una volta raggiunto.”
Anche mantenendo il format odierno, Williams non si spiega il perché non siano garantiti dei soldi ai giocatori sconfitti al primo turno.
“Cambierebbe qualcosa davvero se, ad esempio, al posto di 6500 sterline per il vincitore del primo turno dello UK Championship, 5000 andrebbero al vincente e 1500 allo sconfitto? A me piacerebbe di più in questo modo. Toglierebbe senza dubbi pressione ai giocatori piazzati ai margini della classifica.”
“Non riesco a capacitarmi del perché, mi sembra così facile. Al Campionato del Mondo offrono 10000 sterline o niente. Dove sta il problema se fossero suddivise in 7000/3000 o 8000/2000? Ci sarà una ragione, altrimenti non mi spiego perché non lo abbiano ancora fatto.”
“Credo comunque che il circuito sia troppo grande. Quando è stata l’ultima volta in cui non abbiamo dovuto ricorrere a giocatori di rimpiazzo per poter completare un tabellone?”
Una delle cose che Williams ha cambiato recentemente, suscitando un certo scalpore, è stato il tiro d’apertura, scegliendo di far adagiare lentamente la bilia battente al triangolo di rosse, al posto del tradizionale break-off.
Inizialmente si era pensato di bandire il tiro e ad un certo punto furono anche inviate delle mail ai giocatori, in cui si chiedeva un’opinione sul vietarlo oppure meno. Subito dopo anche altri hanno iniziato a copiare Williams, cosa che il gallese ha apprezzato.
“Ho riso tantissimo. Quella mail che chiedeva di vietare il colpo era patetica. Non credo di aver commesso nulla di illegale. Poi lo hanno fatto anche John Higgins e Ronnie O’Sullivan e credo anche altri dieci giocatori alla fine. Tutti si erano annoiati nel lasciare all’avversario una chance di entrare in gioco su una rossa al primo tiro!”
“Adesso non lo sto facendo più con continuità, ma se il tavolo mi aiuta, preferisco sempre adagiare la bianca al triangolo di rosse. È soltanto il tiro di apertura. Pfft, vietiamolo in ogni caso allora!”
“Non ricordo contro chi, avevo appena giocato il break-off e capii subito che il mio avversario era annoiato, si vedeva dalla faccia. Vinsi 4-0. Se annoia le persone, ti viene voglia di farlo più spesso. Più parlavano di bandirlo, più lo giocavo.”
“Non puoi vietare a Ronnie di aprire il triangolo come nel pool. Hanno provato a fare fuori il mio tiro d’apertura, ma non ho ricevuto nessuna mail dalla World Snooker che diceva di vietare un tiro d’apertura del genere.”
Williams è anche favorevole ad un cambio nel dress code, approvando le idee di Judd Trump e si lascia anche aperto a giocare il Campionato del Mondo lontano dal Crucible.
“Ho sempre pensato che un giorno si sarebbe potuto giocare altrove, lontano da Sheffield. Capisco le persone che sono affezionate alla tradizione, ha perfettamente senso. Ma penso che un grande torneo possa generare ancora più soldi se giocato in diverse sedi, un po’ come il campionato del mondo di calcio.”
“Anche se ci si dovesse spostare da lì, dovrebbe però sempre esserci un torneo disputato al Crucible, perché quando si gioca con un solo tavolo l’atmosfera che si crea è una delle migliori in assoluto.”
Per quanto riguarda l’abbigliamento, il tre volte campione del mondo sarebbe felice del cambiamento soprattutto se in grado di attrarre le nuove generazioni, anche se ammette che non si può lasciare troppo spazio a scelte personali.
“Ho letto cosa pensa Judd e credo che sia andato dritto al punto. Per quanto mi riguarda, sono alla fine della mia carriera, non mi interessa se gioco in t-shirt, papillon o con i pantaloncini corti, non fa alcuna differenza per me. Ma per quanto riguarda le nuove generazioni, ha ragione.”
“I più giovani non vogliono vedere Trump giocare in papillon, vorrebbero invece vederlo indossare i propri vestiti. Credo che questo possa dare una maggiore identità a ciascun giocatore. Dobbiamo attrarre i più piccoli adesso perché da quel che vedo il gioco dilettantistico non è in un grande stato di forma.”
“Abbiamo qualche ragazzo che gioca al mio club ma nulla di comparabile al numero di persone coinvolte quando ero bambino. Al torneo juniores in Galles c’erano centinaia di iscrizioni, adesso ci va bene se abbiamo cinque o sei ragazzi. È preoccupante. Oggi è più difficile convincere le persone ad entrare in sala, tutti giocano alla XBox e se fanno attività all’aperto, preferiscono il calcio.”
“Non credo che le t-shirt che usiamo allo Shoot-Out siano brutte. Allo stesso tempo lasciare troppo spazio ai giocatori può portare a qualche inconveniente. Se mi lasciassero questa opportunità, probabilmente giocherei sempre in tuta!”