Quando Joe Davis e la sua cerchia dominavano il mondo dello snooker, Alec Brown era un outsider. Capace di raggiungere le semifinali del campionato del mondo e di aggiudicarsi prestigiosi tornei, il giocatore londinese abbandonò la stecca nel 1954. In questa intervsita, realizzata da John Dee nel 1993, un ottantacinquenne Brown ricorda i suoi successi prima e dopo la Grande Guerra, senza dimenticare la famosa penna stilografica trasformata in una stecca…

Il più grande fan di Jimmy White è un arzillo ottantenne, un ex-professionista caduto nel dimenticatoio. Oggi un grande appassionato di snooker alla tv, Alec Brown, ottantacinque anni, non ha per nulla dimenticato il gioco che lo ha reso famoso prima dell’inizio e al termine della Seconda Guerra Mondiale, quando vinse per due volte la Daily Mail Gold Cup e il News of the World Trophy.

Alec, da non confondere con il quasi coetaneo Albert, ha origini londinesi ma ormai da più di ventitré anni vive insieme a sua moglie Maureen nella periferia di Plymouth. “Quando vede lo snooker in televisione gli si illuminano gli occhi. A volte sembra andare anche oltre, visto che lo si può vedere esprimere con vigore la sua opinione davanti allo schermo”, afferma la moglie. “Quando gioca White però le cose sono diverse. Ama guardarlo soprattutto quando si mette in serie con il suo modo di giocare così unico. Sono sicura che Jimmy non abbia un tifoso più sfegatato di lui.”

Alec Brown è nato il 27 maggio 1908 a Hornsey Rise. Abbandonò la scuola quando aveva quattrodici anni e iniziò a giocare a English Billiards sotto l’ala protettiva di suo padre, che fu campione del North London Championship dal 1900 al 1919.

“Mio padre aveva una sala a Londra e gestiva un club per il campione del mondo Melbourne Inman a Wardour Street. Mi sono allenato per un tempo proprio in quel club. Poi mi sono spostato a Tottenham Court Road e infine presso l’Empire di Piccadilly. Quando avevo quindici anni già facevo esibizioni e le persone pagavano due ghinee d’oro per il biglietto d’ingresso.”

“Poi sono arrivato ai ferri corti con mio padre, visto che continuava a prendermi di mira. Gli dissi: “Basta, con te ho chiuso” e me ne andai via. Lo avevo sentito dire che non sarei riuscito a realizzare nulla nella vita e che ero in grado soltanto di giocare a biliardo. Questo mi motivò e il mio obiettivo da quel momento divenne smentirlo.”

“Avevo solo diciassette anni ma riuscii a trovare un lavoro in un’officina meccanica, dove mi occupavo di revisionare motori Morris per 6 sterline. C’era un ragazzo che mi aiutava e ne riuscivamo a mettere a posto fino a tre alla settimana. A diciannove anni gareggiavo anche come pilota di motociclette e ho conosciuto personalmente Stanley Woods e Jimmy Guthrie, due dei più famosi corridori di inizio XX secolo.”

“Sono rimasto nel mondo dei motori per sette anni e mi ero completamente dimenticato della mia stecca. Poi mio padre mi supplicò di ritornare. Io non volevo, ma i miei amici finirono per convincermi a farlo, visto che mi dissero quanto male ci sarebbe rimasto se avessi rifiutato.”

“Quando mi decisi, lasciai il lavoro e iniziai a giocare a snooker, visto che ormai il mondo dell’English Billiards era poco remunerativo. Sfidavo alcuni dilettanti della zona e mi ci volle del tempo per ritrovare le vecchie sensazioni al tavolo. Quando poi iniziai a giocare per soldi, ricordo di aver collezionato tantissime sconfitte.”

“Però mi allenavo con continuità e avevo il supporto di mio padre. Dopo qualche tempo riuscivo a battere comodamente quei giocatori che prima mi distruggevano concedendogli sei nere di vantaggio. In quel periodo sfidai Joe Davis per cento sterline in un match al meglio delle cinque partite, concedendomi ventuno punti di vantaggio. Joe però non abboccò all’amo. Sapeva bene che lo avrei sconfitto sul mio tavolo.”

Alec veniva considerato professionista già a quattordici anni, visto il suo coinvolgimento in match per soldi, ma in quei tempi confrontarsi con i migliori non era affatto facile. I professionisti di prima fascia dell’epoca, Joe Davis, Fred Davis, Horace Lindrum, Sidney Smith, Tom Newman e Willie Smith, formarono una vera e propria cerchia detta “The Ring”, in cui non erano ammessi “intrusi”.

“Potevi iscriverti al campionato del mondo per cinque sterline, quello sì, ma potevi scordarti di interagire con la cerchia dei migliori professionisti.”

“Un giorno però quando Tom Newman avrebbe dovuto sfidare Willie Smith in un match dalla durata di una settimana alla Thurston’s Hall ebbi la mia occasione, visto che Smith si tirò indietro all’ultimo per un’indisposizione. Non dovetti pensarci due volte e al termine dell’ultima giornata di gioco avevo accumulato un vantaggio di 27 frame.”

“Questa fu l’occasione in cui riuscii ad avvicinarmi all’élite. Poco dopo il mio sogno si concretizzò quando ricevetti l’invito del fumettista Tom Webster. Webster era nell’organizzazione della Daily Mail Gold Cup e mi disse che c’era senza dubbi un posto per me nel torneo, vista la maniera convincente in cui avevo sconfitto Newman. Partecipai a tre edizioni e vinsi quelle del 1939 e 1940.”

“Mi ricordo dell’ultimo match che giocai nel 1938 contro Sidney Smith. I suoi tifosi stavano già organizzando una festa, visto che aveva difatti già vinto il titolo. Ricordo la soddisfazione nel peggiorare l’umore di tutti quando vinsi sonoramente. Nonostante ciò, ho sempre considerato Sidney un mio grande amico.”

“È come dovrebbe sempre essere. Eravamo grandi amici ma al tavolo non bisognava mai farsi scrupoli, ognuno avrebbe ucciso per vincere. Non so quale sia il valore del Gold Cup del 1939, ma per me non ha un prezzo. La custodisco in una cassetta di sicurezza visto che ho paura che a casa me la rubino. Nel 1940 non ci fu nessuna coppa, visto che eravamo in guerra e l’oro scarseggiava.”

“Questo significò che per cinque anni non toccai di nuovo la mia stecca. Lavorai come meccanico per l’aeronautica e feci carriera fino a diventare ispettore, quando le ostilità cessarono nel 1945.”

Fu proprio prima della Grande Guerra che Alec sfiorò il record stabilito da Joe Davis per la miglior serie mai realizzata (138). L’undici gennaio 1940 contro Fred Davis Alec Brown fu a poche bilie dal record, chiudendo una serie da 126. Questo fu uno dei 63 centoni realizzati in carriera.

Brown divenne poi vice-presidente della Professional Billiards Players Association e Alec era in carica quando avvenne il famoso distacco dal Billiards Associations and Control Club nel 1951. “Joe Davis era a capo dell’associazione ma si trovava in quel momento in Sud Africa. Con il suo pieno consenso fui dunque io a prendere la decisione. La BA&CC continuava a prendere il 5% di tutti i nostri guadagni e non avrebbe cambiato idea. Questo significava che a volte a noi non restavano neanche gli spicci dopo aver giocato incontri dalla durata di una settimana, visto anche i costi a nostro carico per l’affitto della sede di gioco, l’installazione dei tavoli et cetera.”

“Tutti eravamo d’accordo e dunque non si sarebbe dovuta disputare alcuna edizione del campionato del mondo. Due giocatori però decisero di venire meno e si contesero il titolo. Fu la famosa finale in cui Horace Lindrum sconfisse Clark McConachy 94-49.”

Alec fu deluso quando dopo la guerra non fu invitato a disputare il prestigioso News of the World. “Tutti giocarono tranne me. Mi lamentai con tutti gli altri professionisti, ma non si risolse nulla sin quando non ebbero una lite con l’organizzazione.”

“Per quattro anni ebbi la porta chiusa, poi finalmente cambiò qualcosa e fui ammesso. Il primo anno dovetti partire dalle qualificazioni e persi contro Albert Brown. Mi bastava vincere soltanto uno di possibili sette frame e invece in qualche modo finii per perderli tutti.”

“Un anno dopo però, nel 1951, mi aggiudicai il titolo. Dissi agli altri giocatori che li avrei spazzati via e lo feci per davvero. Vinsi tutti e sette i miei incontri e mi aggiudicai 350 sterline. Questo successo e le due Gold Cup sono ovviamente i miei ricordi più belli come giocatore di snooker.”

Girando in lungo e largo per il paese, impegnato in esibizioni, Brown riusciva a guadagnare in quegli anni fino a 100 sterline alla settimana, in confronto alle 4 del primo dopoguerra. Ma nel 1955 una seria forma di artrite, alle braccia, alle spalle e alle gambe, minacciò seriamente la carriera di Alec. L’edizione del campionato del mondo di quell’anno fu la sua ultima disputata.

Brown aveva debuttato nella competizione nel 1936 sconfiggendo 16-15 Con Stanbury, prima di perdere in semifinale contro Joe Davis 21-10. “Vinsi il primo frame e quello significò molto per me.” Alec raggiunse ancora le semifinali nel 1939, 1948 e 1954, dove affrontò John Pulman. Brown partì benissimo e si ritrovò più volte in vantaggio ma un attacco di artrite al polso condizionò la fase finale del suo match. Perse la battaglia con il fastidioso problema e il match con Pulman, decidendo così di ritirarsi.

“Promisi a mia moglie che se non avessi vinto il titolo quell’anno mi sarei ritirato e mantenni la mia parola. Non ho nessun rimpianto perché altrimenti ancora oggi le occasioni non sfruttate peserebbero sulla mia coscienza.”

Alec Brown insieme a sua moglie Maureen nella sua casa di Plymouth, 1993.

Alec sposò Maureen Brown, impiegata del Billiards Association and Control Club, a Fleet Street, Londra, nel 1949. Una fotografia del loro matrimonio apparve in diversi giornali dell’epoca, incluso il London Evening News.

Questa particolare fotografia finì per diventare la Gaffe dell’Anno, visto che Alec Brown fu scambiato per Horace Lindrum, un errore che fu corretto soltanto nelle edizioni successive dei giornali.

Dopo essersi ritirato dal mondo dello snooker, Brown ha lavorato come ispettore capo alla Rotax, occupandosi del reparto elettronico nella produzione di motori d’aereo. Un lavoro a tempo pieno, che gli ha impedito completamente di giocare a snooker. Alec ripose per sempre la sua stecca McDonagh da 450 grammi e cuoietto “a fungo” da 11mm, se si esclude un match al meglio dei tre frame nel 1966.

“Dopo tanta insistenza, decisi di sfidare uno dei membri del club che frequentavo per dieci sterline con ventuno punti di vantaggio a suo favore. Il mio obiettivo fu quello di sistemarlo per bene e chiuderla lì. Persi il primo frame, ma poi vinsi gli altri due e questa è stata l’ultima volta che ho giocato.”

Quindi perché questo tifo sfegatato per “The Whirlwind” Jimmy White?

“Di questi tempi ci sono tanti giocatori costruiti ma Jimmy è un talento naturale. Poi è londinese come me. Il campionato del mondo? Avrebbe dovuto vincerlo quest’anno ma ha deciso di non giocare a snooker. Ha provato, senza successo, a vincere con le stesse armi di Stephen Hendry, che è un imbucatore sensazionale in un fantastico momento di forma. Puoi essere anche il miglior giocatore al mondo, ma usando quella strategia non sarebbe mai riuscito a vincere contro Hendry. Doveva essere più attendista, giocare di più in difesa e poi sfruttare le sue occasioni al tavolo.”

Alec Brown era conosciuto con due soprannomi sul circuito: “Jimmy Wilde” e “The Fountain Pen Cueman”. Il primo derivava da una somiglianza nell’aspetto e nella statura con il famoso pugile, campione del mondo dei pesi piuma. Il secondo invece è da ricollegare a un famoso incidente, entrato nella storia dello snooker.

Nel 1938 Alec Brown affrontava Tom Newman alla Thurston Guide Hall per un match di Daily Gold Cup. “Avevo aspettato quasi due anni prima che si presentasse la situazione giusta per poterlo fare”, afferma Alec, che ricorda perfettamente il momento in cui la bilia battente si trovò intrappolata tra mezza dozzina di rosse.

“L’unico colore che potevo colpire era la nera, che però era piazzata in una posizione scomoda in prossimità della sponda. Tre rosse oscuravano la visuale della bilia battente ed una di esse era praticamente attaccata alla bianca. Iniziai a lamentarmi con me stesso per la posizione in cui mi ero ritrovato e sono sicuro che anche l’arbitro Charlie Chambers era consapevole di quanto fosse difficile colpire quella bilia, anche utilizzando lo spider.”

“A quel punto mi sfilai dal taschino del gilet una stecca in ebano da dodici centimetri. Sul calcio si poteva notare il cappuccio in oro di una penna stilografica, mentre all’altra estremità avevo incollato un cuoietto. Non c’era nulla sul regolamento che ne vietasse l’utilizzo, né tantomeno erano presenti specifiche sulla lunghezza della stecca da utilizzare. Quindi usai la mia “penna-stecca” per colpire la bilia battente.”

La famosa penna trasformata in stecca, in una foto apparsa su “The Billiards Player” nel 1938.

“A quel punto si scatenò un pandemonio. Tom mi guardò con sguardo esterrefatto ed esclamò: “Non lo può fare.” Io risposi: “E perché no? È una stecca, ha un cuoietto e non c’è niente che mi vieti di utilizzarla.”

“L’arbitro consultò il regolamento e alla sezione sei ci ricordò che “ogni colpo deve essere giocato con il cuoietto della stecca”. Nonostante ciò, Charlie Chambers affermò che la mia stecca andava contro lo spirito del gioco, chiamò un fallo e assegnò a Newman sette punti.”

L’idea geniale di Alec finì per arrivare ai piani alti e chi si occupava del regolamento del gioco decise di porre fine alla controversia. Infatti fu aggiunta una postilla, dove si specificava che “la stecca deve essere almeno lunga 91 cm.”

“Diavolo, avevo intenzione di commercializzare quel dannato aggeggio e venderlo per 3 scellini e 6 centesimi (circa 20€ oggi, ndr). Ma il cambio di regolamento, purtroppo, mandò tutto a monte…”

Sull'autore

Marco Staiano

Sogni, speranze e illusioni celati in ventidue bilie colorate.

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