Alla viglia del Campionato del Mondo, abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchiere con Shaun Murphy. Dalla sua preparazione per l’appuntamento più atteso dell’anno agli obiettivi per il prossimo futuro, ci siamo concentrati su un anniversario importante: i vent’anni dal trionfo al Crucible. Con la solita verve, il giocatore inglese non ha risparmiato una frecciatina a un collega e ci dice la sua su come provare a rendere lo snooker uno sport globale.

  • Shaun, nella tua ultima apparizione ufficiale prima del Campionato del Mondo hai potuto fare ben poco contro un Barry Hawkins devastante. Come è stata la tua preparazione al torneo principe della stagione?

Ovviamente non fa mai piacere perdere un match 10-1, ma la sconfitta è arrivata semplicemente perché Barry è stato fenomenale, non perché io ho giocato male. Ma ormai ci sono abituato, succede. Fai del tuo meglio, ti prepari in modo ottimale ma il tuo avversario gioca meglio di te – è per questo che lo snooker è così difficile, a volte è ingiusto. Dalla mia sconfitta a Manchester credo di essermi preparato molto bene, come ho fatto ogni anno in cui ho giocato qui. Sheffield è il Paradiso per ogni amante dello snooker e io, nonostante sia un giocatore professionista, prima di tutto sono un appassionato del gioco. E venire qui è sempre un piacere.

  • Stai lavorando ancora con Peter Ebdon?

Sì, continuiamo questo percorso insieme dallo scorso novembre. Abbiamo trascorso gli ultimi due giorni a casa mia, principalmente con l’idea di prepararmi nel migliore dei modi possibile a un appuntamento così importante, sia sul piano del gioco in sé che su quello mentale. Senza dubbi è rassicurante per me avere una persona come Peter al mio fianco.

  • Quest’anno siamo sicuri che la domanda che ti è stata fatta più spesso riguarda il ventesimo anniversario del tuo successo al Crucible. Senza volere entrare nell’aspetto filosofico, come ti senti come persona oggi rispetto al 2005?

Oggi posso dire che quando sono diventato campione del mondo ero molto ingenuo e avevo la bocca molto larga e il cervello piccolo. Potete immaginare questa combinazione che tipo di problemi mi abbia potuto creare. Visto che già a ventitré anni avevo raggiunto la vetta, sono dovuto crescere dovendo avere a che fare sempre con i giornalisti. E questo non è stato per nulla facile. Non ho mai avuto nessuno che mi aiutasse, nessuno che mi desse un vero consiglio.

Ho dovuto fare tutto da solo e facendo così ho commesso tanti errori, detto tante cose di cui oggi mi pento. Ma ovviamente non posso cambiare ciò che è già successo. Mi sento ovviamente maturato, ho quarantadue anni e due figli adesso. Sono sul Tour ormai da una vita e non mi sento come la persona che ero allora… per fortuna. Vorrei davvero che ci fosse una macchina del tempo per fare le cose in maniera diversa, ma ciòche posso fare oggi è cercare di essere una persona migliore, imparando da tutti i miei errori.

  • Quando hai vinto il titolo la prima volta hai sorpreso tutti con la tua aggressività e l’andare sempre all’attacco. Come credi che il tuo gioco si sia evoluto nel corso degli anni?

Oggi posso dire di non essere più così “folle” nel voler sempre andare all’attacco. Però penso di conservare ancora quel pizzico di “pazzia”, se vogliamo chiamarla così, nel cercare le imbucate. La sento ancora, anche se adesso ho un piano B e anche uno C. Mi sento in grado di poter padroneggiare tutti gli aspetti del gioco. Quando ho vinto al Crucible la prima volta ero un giocatore unidimensionale, oggi sicuramente non lo sono più.

Posso scegliere di giocare in maniera aggressiva, ma anche di contenere e concentrarmi sulle fasi tattiche durante un match. Però senza dubbi è facile capire che mi piace giocare all’attacco, imbucare dalla distanza, mettere insieme serie vincenti, cercare i trickshot e intrattenere il pubblico. Credo che questa sia una delle cose che i fan apprezzano di più. E se il pubblico è contento dello spettacolo, sicuramente ritornerà con piacere a guardarci. E così mi sento di aiutare lo snooker a crescere in tutto il mondo. Se tutti giocassero come Mark Selby, beh, lo snooker sarebbe un gioco noioso…

  • Shaun, si può dire che tu abbia avuto una carriera di successo. Ma l’idea di continuare a vincere è senza dubbi fissa nella mente di ogni giocatore. Quest’anno hai vinto di nuovo il Masters, quali obiettivi ti poni ancora nella tua carriera?

Sono ancora molto motivato, quello è sicuro. Ci sono ancora molti obiettivi che voglio raggiungere nel mondo dello snooker, alcuni provo ancora a inseguirli dall’inizio della mia carriera. All’inizio di ogni stagione mi pongo dei traguardi da raggiungere e lavoro per raggiungere ognuno di essi in maniera specifica. Questa stagione posso dire di aver raggiunto la maggior parte di quelli che mi ero già prefissato. Anche se alcuni non li ho raggiunti, credo sia sempre molto importante essere affamato, continuare sul percorso che uno si sceglie e non arrendersi mai. Io certamente non mi sono arreso ancora…

  • Mi viene in mente che non sei mai stato numero uno della classifica mondiale. Per molti il titolo di campione del mondo vale di più, ma è questo uno degli obiettivi di cui mi parlavi prima?

Oh, ci sto sicuramente provando. Diventare il numero uno è una delle mie aspirazioni sin da quando sono bambino. Ancora non ci sono riuscito, ma ho ancora tempo per realizzare quello che all’epoca era un sogno. Però devo ammettere, preferirei sempre vincere il Campionato del Mondo rispetto a raggiungere la vetta della classifica senza il titolo più importante. Anche se c’è da dire che oggi, vincendo il Campionato del Mondo, con così tanto prize money, ci sono molte possibilità di diventare il primo del ranking allo stesso tempo. Anche se i soldi da questo punto di vista per me vengono dopo, la gloria che ti dà il sollevare il trofeo vale molto di più.

  • Per concludere, sappiamo che ci tieni al tuo ruolo di “ambasciatore” dello snooker, con proposte che a volte possono anche suscitare controversie. Secondo te, qual è la miglior soluzione per promuovere il gioco in un paese come l’Italia, dove il gioco è ancora poco conosciuto?

Ritengo che per far crescere lo snooker, non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo, è importante prendere d’esempio ciò che abbiamo avuto di positivo dal passato. Pensiamo a come è diventato popolare il gioco in Cina: tutto è nato da un’esibizione. Far vedere al pubblico i campioni è secondo me fondamentale per poter allargare il bacino d’utenza e far appassionare le persone. In diversi paesi, ad esempio la Germania, ma credo anche nel vostro, i numeri di Eurosport sono molto buoni. Significa che ci sono persone interessate. La sfida sta nel trasformare gli spettatori in giocatori: non è facile però sono sicuro che la presenza di giocatori di prima fascia sia fondamentale per tastare il terreno e poi costruire il futuro, se questo interesse è confermato.

Qui il percorso di Shaun Murphy per diventare campione del mondo nel 2005

Picture credits: WST

Sull'autore

Marco Staiano

Sogni, speranze e illusioni celati in ventidue bilie colorate.

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