Abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda a Marco Palmieri, che si è laureato campione nazionale di snooker a Bolzano poche settimane fa. Marco ci ha raccontato qualcosa in più sulla sua passione per il biliardo, tra Paul Hunter e l’ambizione di potersi togliere qualche soddisfazione sul panno verde.
Si è concluso lo scorso dodici settembre il campionato nazionale di snooker 2021. Dopo la pausa forzata nel 2020, a Bolzano è stato Marco Palmieri a conquistare il titolo italiano, riuscendoci tra l’altro al primo tentativo. Il nativo di Foggia, tesserato presso il Marina Pool di Modena, ha infatti sconfitto in finale Gianluca Manoli, aggiudicandosi il successo con il punteggio di 5-3, recuperando dal 2-3 e chiudendo con una bella serie da 54, la più alta dell’atto conclusivo. Abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con Marco, che ci ha parlato di come è nata la sua passione per lo snooker e quali sono i suoi obiettivi futuri.
- Marco, dicci come è nata la tua passione per il biliardo.
La mia passione per il biliardo è nata, come per tanti della mia generazione, come passatempo sostitutivo della scuola. Ne approfitto per ringraziare la sala Parigi, la prima in cui ho iniziato a giocare nella mia nativa Foggia. Ho sempre guardato lo snooker in televisione, visto che nella mia città non è mai esistito un tavolo. Quando giocavo con i miei amici mi resi conto sin da subito che rispetto agli altri riuscivo ad imbucare sempre tutte le bilie e finivo per vincere quasi tutte le partite. Tutto quello che ho imparato sullo snooker lo devo alla televisione. Ricordo ancora quando quindici anni fa seguivo Paul Hunter, il mio giocatore preferito insieme ad O’Sullivan, che è stato il motivo per cui mi sono davvero appassionato allo snooker.
- Da quanto hai iniziato a giocare a snooker e qual è stato il tuo approccio con il gioco?
La prima volta che ho giocato a snooker è stato nel 2016, quando mi iscrissi quasi per scherzo ad un torneo a sedici giocatori a Modena. Torneo che poi, per inciso, riuscii ad aggiudicarmi. Ricordo di essermi divertito parecchio ma sembrava dovesse essere una cosa fine a sé stessa, visto che poi avevo di fatto smesso di giocare. Poi durante lo scorso anno, in tempo di pandemia, mi sono riavvicinato al gioco. Sono principalmente un giocatore di pool, ma allenarmi spesso mi annoia. Quindi, avendo un tavolo da snooker nella mia sala, sono ritornato a frequentarlo con una certa serietà. Sono riuscito ad ottenere dei risultati che non immaginavo e a creare un’impostazione d’allenamento valida sia per lo snooker che per il pool. Quindi posso dire di non aver avuto grosse difficoltà nell’adattarmi alla specialità.
- Come ti è sembrato il format di gioco al campionato nazionale?
Il format per me è stato convincente. Mi è piaciuta l’idea di avere dei veri e propri campionati regionali per garantire l’accesso ai migliori alla fase finale. Anche la lunghezza delle partite credo sia stata decisa in maniera corretta. L’unica cosa che è mancata, e che soprattutto nello snooker è necessaria, è stata la presenza di arbitri durante le partite. So che non è facile sopperire a ciò, ma è un qualcosa che deve essere ancora sviluppato nel nostro paese.
- Hai vinto alla tua prima partecipazione, questo deve averti dato una grande soddisfazione. Quali sono i tuoi obiettivi futuri?
Vincere al primo tentativo è stata una bella soddisfazione. Per quanto riguarda i miei obiettivi futuri, non so dare ancora una risposta. Lo snooker in Italia non è di certo ancora ben sviluppato. Il pool resta la mia specialità anche se adesso l’idea di dedicarmi con più serietà allo snooker può essere allettante, visto il risultato che ho ottenuto.
- Come pensi, da giocatore, che possa essere sviluppato lo snooker nel nostro paese?
In Italia abbiamo bisogno di tanta scuola ed è necessario ampliare la cultura sullo snooker. Gli insegnanti devono avere un ruolo fondamentale e l’ideale sarebbe coinvolgere i più giovani, meglio ancora se ragazzi che non hanno superato i dieci/dodici anni. È basilare qui da noi non soltanto insegnare la tecnica e la tattica, ma anche la vera e propria cultura legata allo snooker. Purtroppo io che ho iniziato tardissimo e che adesso ho trentasei anni, sostanzialmente mi chiedo: “Dove posso arrivare?”.
Se affrontassi ragazzini di sedici/diciassette anni nel Regno Unito è assai probabile che perda quasi sempre. Lo snooker in Italia purtroppo è arrivato tardi, anche se, da quello che ho visto negli ultimi mesi, le cose stanno cambiando. Anche prima della pandemia ero fiducioso in una buona crescita, però purtroppo il Covid-19 ha bloccato un po’ tutto. Io di certo mi impegnerò per ottenere buoni risultati. Proprio per la pandemia ho dovuto saltare gli Europei di pool, quindi non vedo l’ora di rifarmi ai campionati EBSA del 2022.