Uscito ormai da qualche mese “Snooker – Steccate poetiche”, il primo testo non manualistico pubblicato in Italia a tema snooker. Il libro, attraverso brevi brani in prosa, che spesso virano verso il territorio poetico, racconta frammenti di storia del gioco delle ventidue bilie. Pubblichiamo qui una recensione a cura dello scrittore e giornalista Massimo Triolo.
Snooker – Steccate poetiche è un testo agile, rifinito e incisivo, in cui questa prestigiosa e elegante declinazione del gioco del biliardo, lo Snooker, assurge a allegoria del binomio vittoria-sconfitta, caduta-ascesa; della contesa, infine, come impiego di virtù e capacità di concentrazione e rigore, controllo e senso dell’opportunità, ma anche azzardo e baldanza, fluidità e virtuosismo fuori da ogni calcolo di ragione. Note di spiccatissimo pregio letterario e narrativo danno fisionomia non solo alla tradizione di questo sport signorile, ma all’epica e al mistero di cui sono intrisi gli snodi di situazioni e cornici storiche, i disegni antropologici, squisitamente tecnici, e naturalmente quelli poetici.
Perché là dove uno sport diventa poesia, la poesia restituisce sia il suo lato concreto, sia i paradigmi sottili e impalpabili di qualcosa di grande che eccede gli esiti per il verso della messa in atto di una vocazione spesso disciplinata e improntata al rigore, ma anche artisticamente svincolata dal mero elemento progettante e anzi, come accennato, impulsiva e carica di un azzardo sostenuto solo dal virtuosismo e dalla magia dell’intuizione ancora prima che dell’architettura dei calcoli. Scrive Duranti Poccetti: “Come in altri sport, anche nello Snooker ci sono gli attaccanti e i difensori. Ce ne sono di quelli amanti dell’azzardo, che tentano sempre l’imbucata, anche dalle posizioni più impensabili. Poi ci sono quelli che si stremano attraverso intelligenti strategie di copertura e in buca la biglia ce la tirano solo in sicurezza…”
I caratteri dei diversi contendenti sono lì a dimostrare che niente si riduce a una mera stima delle possibilità e delle strategie, ma che la postura che dà sfida è compassata come senza freno, contenuta e sobria esattamente come figlia dell’azzardo. E nel merito di questi caratteri che si esprimono persino nella fisionomia e nell’allure (nel doppio senso di fascino, portamento e andatura nello sport) degli interpreti storici di questo gioco, ci piace citare un passaggio dall’opera: “Sigaretta in bocca. Screwdriver nella mano. Colpi impossibili, palle che rotolano sopra le sponde per imbucarsi precisamente, steccate strappate, ambiguo controllo della biglia battente, risolto attraverso giocate straordinarie… Il tuo volto scavato, distrutto da una vita dissipata e continui alterchi e litigi, è impresso nella nostra memoria. In quel piccolo corpo nervoso risiedeva il cuore d’un genio…”
Non c’è posto in questo testo per la retorica e l’oleografia, tutto è massimamente concreto e al tempo stesso espressione di un’eleganza le cui espressioni sono altrettante scelte di vita e di carattere ancora prima che sportivamente spendibili. Così ciascun personaggio armato di stecca intende a suo modo la contesa, questo duello all’arma bianca in cui virtù e fortuna non sono machiavellicamente equiparabili nel gioco sottile dell’uncinetto delle scelte con cui si agisce. Perché qui prevale la virtù e poco è lasciato al caso; e ciò nonostante, in questo clinamen dell’orizzonte della scelta e dell’espressione pratica di talenti eterogenei, ha un ruolo anche il linguaggio bizantino di una sorte che travalica il contesto della virtù stessa.
Sembra quasi che Duranti Poccetti voglia parlare di ambiti storici in senso evenemenziale, accennare a elementi di folklore, a note tutte umane di uno spartito di gesti e pensieri che cuce sogni e realtà, modi di interpretare il gioco e elementi ingeniti delle figure che lo attraversano. Non v’è spazio per la nuda cronaca, qui dove il contesto è una partitura di piccoli e grandi ambiti dello Snooker che assurgono a mistica dell’espressione umana, dove la tecnica è solo uno strumento, e la caratura umana e spirituale di chi gioca si esprime attraverso il registro multicolore dei modi di intendere vita e espressione di sé. Tutto è concreto, fattuale, ma al tempo stesso poetico di una poesia del mistero che accenna piuttosto che connotare pedissequamente, fa intuire in luogo del procedere per accumulo di dettagli.
Presiede a tutto questo la conoscenza attenta e puntuale degli aspetti tecnici, della storia di questo sport nobile, dei caratteri, come detto, evenemenziali, e dei dettagli che compongono un quadro in cui tutta la casistica dei momenti e dei dettagli si erge a visione di una realtà calata, sì, nel gioco, ma anche eccedente il mero resoconto: i personaggi sono vivi, concreti, minutamente pennellati, e sono i veri protagonisti non tanto di questo sport che è un pretesto per parlare di vita, quanto della propria storia e modo di intendere la sfida che attende ciascuno fuori e dentro il contesto dello sport.
Una delicatezza infinita accompagna Duranti Poccetti in queste pennellate, ed egli compone con garbo e passione un quadro magistrale a livello tecnico-esperienziale come a livello di raffigurazione di epoche e circostanze, visioni di gioco e accadimenti, sotto la regia di una conoscenza competente e puntuale di ogni aspetto che inerisca non solo lo Snooker, ma tutto ciò che vi orbita e vi ha orbitato attorno, facendolo qualcosa di più che una ragione di sfida: un’occasione cioè, irripetibile, per esprimere vedute comportamentali e gestione delle proprie risorse, posture di esistenza ancora prima che di espressione di gioco.
E’ così che questi frammenti disegnano pezzi di storia, esprimono dettagli preziosi, delineano i diversi perimetri, esistenziali e umani, di chi interpreta e ha interpretato questo sport e le sue infinite possibilità; con una rozza, approssimativa espressione di cimento che lo relegava a passatempo o una dedizione che ha innalzato a mistica il suo corso dal 1875 a oggi. In entrambi i casi la sua magia e il suo fascino sono stati attinti nei più diversi ambienti e contesti, da uno scantinato proletario ai luoghi deputati all’Olimpo della stecca.
Scrive l’autore: “Che sia nelle fumose sale del malfamato scantinato o nelle eleganti sale di Versailles, il bigliardo è stato sempre giocato: dal nobile al drogato, dall’ingegnere al pescivendolo, dal santone all’assassino, dalla donna in minigonna all’uomo tutto d’un pezzo. Chiunque abbia toccato il magico tavolo è stato stregato dalla sua attrattiva: ha lasciato da parte il contesto per immergersi dalla testa ai piedi nel verde manto, tra palle e stecche…”
Duranti Poccetti è e resta un poeta e un conoscitore attento e sensibile, non solo dello sport, ma di ciò che di esso rimane impresso sulla pellicola non inerte della storia.
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