Nella sua autobiografia “Frame of Mind” Graeme Dott ci racconta quanto possa essere piena di imprevisti la vita di un giocatore di snooker in giro per il mondo

Graeme Dott Frame fo Mind

Nel 2002 ero pronto per partire per l’Estremo Oriente insieme ad Alex Junior (figlio del suo manager Alex Lambie e amico di lunga data, ndr) per giocare due tornei: il China Open a Shanghai e un altro torneo nella capitale della Thailandia, Bangkok. Devo ammettere che non mi piace viaggiare in Asia, odio il cibo e non riesco mai a dormire bene, ma riconosco il fatto che la Cina in particolare è un’area di grossa crescita per il nostro sport e finchè ci sono tornei da giocare in qualsiasi parte del mondo, sono felice di partecipare.

Il piano prevedeva di raggiungere Londra da Glasgow e poi arrivare a Shanghai, ma quando mi sono affacciato alla finestra il giorno della partenza c’era neve dappertutto. Non è inusuale in Scozia, ma il meteo non prevedeva neve e quindi fui colto di sorpresa. Giunto all’aeroporto di Glasgow le condizioni erano ancora peggiori e sul tabellone mi resi conto che non c’era nessun volo in partenza.

Ero sicuro che all’aeroporto sarebbero stati in grado di risolvere la situazione, ma le condizioni climatiche erano così terribili che ogni volta che gli operai liberavano le piste, la neve cadeva ancora più fitta. Man mano che il tempo passava, ero sempre più ansioso, perché sarebbe stato sempre più difficile riuscire a salire sul volo di connessione.

Un ritardo di un’ora divenne di due, e poi di tre. Finalmente riuscimmo a salire sull’aereo, ma a quel punto ci sarebbe voluto un miracolo per poter raggiungere Heathrow in tempo e imbarcarci per Shanghai. E ovviamente al nostro arrivo, mentre eravamo sul taxi per il terminal, vidi il nostro volo della Thai Airways sparire nel cielo.

Il prossimo volo per la Cina era ben undici ore dopo. Per rendere le cose peggiori, non poterono garantirci un posto a bordo e l’unica speranza era che qualcuno si tirasse indietro all’ultimo. Ciò significava anche che saremmo dovuti rimanere lì e aspettare l’eventualità che si liberassero i posti. Di solito viaggiavamo in classe business, e potevamo quindi starcene comodamente nella sala VIP, ma questa volta non sapevamo neanche se ci fosse stata la possibilità di salire sull’aereo, quindi non ci preoccupammo minimamente di quanto potessero essere scomodi i sedili.

Odiai tutte e undici le ore di attesa. Ci rianimammo soltanto quando ci dissero che si erano liberati due posti. Grazie a Dio. Ma il volo in questione era diretto a Bangkok, il che significava che dovevamo prendere ancora un altro aereo per raggiungere Shanghai. E ricordate, questi posti io non li sopporto.

Dopo un volo durato un’eternità, arrivammo a Bangkok, ritirammo le valigie e subito dopo affrontammo altre cinque ore di viaggio per raggiungere Shanghai. Eravamo distrutti e quindi decidemmo di trovare un posto qualsiasi per recuperare qualche ora di sonno. Trovammo un hotel nelle vicinanze, uno di quelli poco raccomandabili, che in altre circostanze avrei evitato sicuramente. I letti erano terribili e non ebbi neanche il coraggio di mettermi sotto le coperte, semplicemente mi appoggiai sopra le lenzuola e dormii un paio d’ore.

Anche dopo le cinque lunghe ore di volo da Bangkok il nostro viaggio non era terminato, c’era ancora un’altra ora di bus per raggiungere il nostro hotel. Dopo 42 ore di viaggio potere ben capire che né io né Alex Junior eravamo nel pieno delle nostre forze. Eravamo distrutti e giungemmo a destinazione più di 24 ore dopo l’arrivo previsto. Quella notte andammo a dormire ma non avevamo fatto i conti con il fuso orario e ci svegliammo la mattina presto del giorno in cui avrei dovuto giocare il mio incontro, fissato per le 14:30.

Facemmo colazione ma non volevo ritornare in camera perché ero sicuro che se mi fossi seduto, in un istante mi sarei addormentato. “Va bene Alex, andiamo a farci una passaggiata.” E così ci incamminammo per le vie di Shanghai, di certo non la preparazione ideale per un match.

Al nostro ritorno, verso le 11, Alex faticava a tenere gli occhi aperti. L’arena non era lontana dall’hotel e avevamo ancora tre ore da ammazzare prima della partita. Quale male ci avrebbe fatto un sonnellino? Ero certo che non sarei stato in grado di giocare a snooker in quelle condizioni. Avevo bisogno di riposarmi.  Quindi mettemmo la sveglia in stanza, e anche sui nostri telefonini. Cosa sarebbe potuto andare storto?

Quello che mi ricordo in seguito è il suono di un campanello, sempre più insistente. Era uno dei membri dello staff dell’hotel che stava provando a svegliarmi. Alex era ancora nel pieno del sonno, io mi alzai e guardai l’orologio. “Le due e un quarto, è impossibile! Io gioco alle due e mezza.” Solo poco dopo mi ero reso conto di aver dormito troppo. Urlando contro Alex, lasciai di corsa la stanza e provai a trovare il receptionist che aveva provato a svegliarmi.

Ero completamente preso dal panico. Presi i miei pantaloni, la camicia e il gilet e me li misi addosso. Non avevo né le mutande né i calzini, ma almeno mi ricordai di prendere la stecca. Corsi fino alla hall dell’hotel ma non c’era nessuna macchina dell’hospitality pronta a portarmi all’International Gymnastic Center. Riuscii soltanto a fermare un taxi.

Immaginate la scena. Io non parlo cinese e il tassista non parlava inglese, ma lui sapeva chi fossi e dove volevo andare. Ero già stato nell’arena e mi resi conto immediatamente che l’auto aveva imboccato la strada sbagliata. Inoltre il conducente sembrava prendersi il suo tempo mentre guidava. Iniziai ad urlare e a dirgli di fare in fretta, ma fu soltanto fiato sprecato. Ad un certo punto gli dissi di fermarsi, gli lanciai i soldi e uscii dal taxi. Probabilmente pensò che fossi completamente matto. Avevo una vaga idea di dove fossi e quindi iniziai a correre per arrivare a destinazione.

Ero già in ritardo di 15 minuti e potete immaginare in che condizioni fossi. Senza calzini, senza mutande, i capelli scompigliati, senza aver avuto la possibilità di lavarmi e di rasarmi, coperto di sudore e con la camicia sbottonata.

Mike Ganley, il direttore del torneo, mi stava aspettando e gli dissi subito che avevo bisogno di rinfrescarmi. “Graeme, non puoi” mi disse “devi immediatamente entrare in sala, sei già sotto di due frame.”

Ero stato penalizzato di due frame per essere in ritardo. Dovevo prendere una decisione difficile. Se fossi andato in bagno, un altro frame sarebbe stato assegnato al mio avversario. Giocavo contro Darren Morgan, che è sempre un giocatore ostico da affrontare, e sapevo di non potergli concedere anche tre frame di vantaggio, soprattutto in un match al meglio delle nove partite.

Mi girava la testa. Entrai in sala ed ero consapevole che tutti gli altri giocatori si stavano già facendo una bella risata alle mie spalle, e chi poteva biasimarli? Avrebbero dovuto sapere della mia disavventura durata 42 ore. Andai al tiro d’apertura nel terzo frame, ma Darren subito piazzò una serie vincente, così ero già sotto 3-0 senza aver potuto giocare un singolo tiro. Ma a questo punto almeno ebbi l’occasione di andare in bagno e finalmente darmi una sistemata. Alex mi aveva portato mutande e calzini. Mi diedi  una sciacquata e tentati di apparire almeno in condizioni decenti.

Il mio gioco migliorò. In un modo o nell’altro riuscii a vincere tre frame ed ero in perfetta parità con Darren. A un certo punto pensai addirittura “Sarebbe una storia magnifica se riuscissi a vincere.” Ma non doveva andare così. Persi 5-3.

Il mio odio per la Cina e la Thailandia aveva raggiunto il suo apice. A quei tempi inoltre il mio problema era ancora più grande perché non avevo molti amici tra i giocatori, mentre oggi mi trovo molto a mio agio con John Higgins e Stephen Maguire e quindi non m’importa se sono lontano da casa. Stiamo insieme e giochiamo a carte, ma prima non facevo altro che starmene da solo a guardare la televisione in albergo, e vi confermo che non è una bella esperienza.

Inoltre se vieni eliminato al primo turno, devi aspettare un’intera settimana prima di poter ritornare a giocare, e quindi ripetere gli stessi processi, imbarcarsi ancora una volta su un aereo e ricominciare daccapo.

Non ci volle molto prima che la storia finisse sui giornali. I lettori dell’Herald in Scozia votarono la mia disavventura come la più divertente storia sportiva dell’anno. A quei tempi non riuscivo affatto a cogliere il lato divertente della faccenda, soltanto oggi ci riesco.

Il cammino di Graeme Dott nel successo al campionato del mondo del 2006

Sull'autore

Marco Staiano

Sogni, speranze e illusioni celati in ventidue bilie colorate.

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