O'Sullivan

Uk Championship 2006, quarti di finale. Ronnie O’Sullivan sta affrontando Stephen Hendry, quando tra lo stupore di tutti, stringe la mano ad arbitro e avversario e se ne va. Leggiamo attraverso le parole del diretto interessato cosa successe

Sarebbe potuto succedere in qualsiasi altro match durante quel periodo. Era il 2006 e stavo giocando la Premier League, contro Steve Davis in semifinale e in seguito contro Jimmy White in finale. Io e Jo (la compagna dell’epoca di O’Sullivan e madre di due suoi figli, ndr) stavamo passando un momento terribile, la mia testa era completamente da un’altra parte. Non volevo partecipare ai tornei. Il mio cervello non era apposto. Ero infelice.

Giocavo contro Davis, ero sul 3-1, avevo appena sbagliato un imbucata e mi ero alzato per andare a stringergli la mano. Volevo semplicemente andarmene. Mentre lo stavo già facendo, ho detto a me stesso: “Cosa stai facendo? Non puoi farlo!” Ero in vantaggio 3-1! Era la Premier League, il torneo che precedeva lo UK Championship a York. Quindi smisi di stringergli la mano e me ne ritornai a sedere al mio posto. La mia mente, in ogni caso, mi diceva: “Stringi quella mano, vattene via, ne hai avuto abbastanza”. Alla fine riuscii a trattenermi e me ne ritornai a posto.

Rimisi insieme le mie forze, vinsi quel match ed arrivai in finale contro Jimmy White. Ero sul 4-0, non avevo quasi ancora sbagliato nulla, stavo imbucando alla grande e poi boom! Sbaglio, Jimmy ripulisce il tavolo e va sul 4-1. Nel frame successivo commetto un altro errore e succede la stessa cosa – allora ancora una volta mi ero alzato per stringergli la mano e andare via.

Pensai, Gesù, è già la seconda volta di fila. Non lo feci, ma il solo pensiero di ritrovarmi nella stessa situazione mi tormentava. Avevo un tale casino in testa a causa della mia vita privata che non riuscivo ad affrontare il fatto di trovarmi lì in quel momento. Mi sentivo l’uomo più solo al mondo. Non sapevo cosa pretendere dalla vita. Non volevo giocare i tornei ma allo stesso tempo non volevo stare a casa perché mi sentivo così inutile lì. Tutto ciò che volevo era avere una vita familiare felice.

Lily aveva appena qualche mese all’epoca. Era una bambina meravigliosa ma neanche la sua presenza era riuscita a migliorare le cose tra me e Jo. Prima che Lily nascesse abbiamo avuto discussioni, come tutte le altre coppie, ma eravamo sempre riusciti ad andare avanti. Poi, dopo la nascita di Lily, la situazione è degenerata. Se non fosse nata Lily a quel punto l’avrei già lasciata. Provavo una costante sensazione di colpevolezza, ero triste. Allora fui ancora più determinato nel cercare di essere un buon padre, come lo ero stato con Taylor, la mia prima figlia.

Quindi mentre stavo per andare a stringere la mano a Jimmy, pensai di nuovo: “Che cazzo stai facendo? Non puoi farlo. Stai vincendo 4-2, stai per vincere il torneo, che diavolo stai facendo?” Allora mi concentrai di nuovo sul match e vinsi il torneo, ma avevo già la sensazione che tutto ciò sarebbe capitato di nuovo.

La situazione stava cominciando a delinearsi. Per due volte avevo quasi abbandonato una partita, ed ecco che adesso ero a York per lo UK Championship dove avevo vinto due match prima di affrontare Stephen Hendry. Ma anche in entrambe le vittorie avevo avuto quella stessa sensazione – volevo andarmene. Ero riuscito in qualche modo a spuntarla. Poi eccomi contro Hendry. Stavo giocando malissimo, non riuscivo ad imbucare una bilia, gioco un colpo maldestro, finisco nel blocco compatto di rosse, sono sotto 4-1 nei quarti di finale, lui sta giocando bene e così penso: “Fanculo, io da qui me ne vado – me ne vado e ho tutta la notte per dimenticarmi di quello che sta succedendo.”

Erano le quattro del pomeriggio, e già stavo pensando che alcuni dei miei amici erano qui e che a loro non sarebbe dispiaciuta una notte di bagordi. “Questa notte ci vado giù pesante, voglio distruggermi”. Nonostante in quel momento fossi ancora in grado di correre con buoni tempi, non mi sentivo affatto bene. È divertente: per tutto il mondo ero in gran forma. Tutti mi dicevano “Stai alla grande”, ma in realtà ero a pezzi. Correre mi aveva aiutato a superare la mia depressione, ma in quel momento stavo soltanto scappando via dai miei demoni. In quel momento era tutto quello che volevo.

Per vincere mancavano ancora cinque frame ad Hendry. Non eravamo neanche alla pausa di metà sessione, ma semplicemente non volevo arrivarci. Mi ero alzato, avevo stretto la mano all’arbitro e poi ad Hendry. “Buona fortuna, Steve” avevo detto e me ne ero andato. Soltanto dopo sono andato a vedere su YouTube la reazione di Hendry, non sapeva minimamente cosa fare. “E adesso cosa si fa Jan?” erano le parole che aveva rivolto all’arbitro Jan Verhaas. “Credo che sia finita qui, se n’è andato.”

Qualcuno tra il pubblico aveva gridato: “Dai, Ronnie! Non puoi farlo!” e io subito ho pensato “Posso fare quello che voglio. Perché non potrei farlo?” Banalmente tutti avevano iniziato a discutere dei miei problemi mentali e di quanto fosse instabile la mia mente.

Nessuno riusciva a credere cosa avevo fatto. Tantomeno Stephen. Fu un vero signore in quel momento. Aveva sicuramente capito che c’era qualcosa che non andava nella mia testa per avere una simile reazione. “Non ho la minima idea di cosa possa essere andato storto”, aveva detto in seguito al mio abbandono. “Mi era sembrato in buone condizioni e prima di entrare in sala stavamo chiacchierando nel backstage. Ronnie avrà sicuramente le sue ragioni e di certo non sarò io a criticarlo. Mi ha solo detto che ne aveva abbastanza e mi ha augurato buona fortuna per il torneo. Soltanto lui sa cosa sta succedendo. Non posso criticare, ma allo stesso tempo non mi è mai capitata qualcosa di simile. È soltanto bizzarro.”

Subito dopo rilasciai una dichiarazione in cui mi scusavo per il mio comportamento. “Avrei voluto giocare meglio oggi, ma ho avuto una giornata storta. Chiunque mi conosca sa che sono un perfezionista, ed oggi ero così disgustato dal mio gioco che ho perso la pazienza ed ho abbandonato la sala, con il senno di poi, avrei dovuto continuare. Mi scuso se mi sono tirato indietro e non gli ho permesso di affinare il suo gioco per la semifinale. Sono anche molto dispiaciuto di aver deluso i fan che erano venuti per vedermi giocare, non era mia intenzione e mi scuso profondamente. In questo momento mi sento davvero deluso con me stesso, sono a pezzi. Ma sono un combattente, mi rialzerò in piedi e tornerò più forte di prima.”

Non fu abbastanza per parecchie persone. Molti pensavano che fossi una vera e propria disgrazia per il gioco e che avessi disonorato lo snooker.

Fu inevitabile per me andarmene dalla sala in quel preciso momento. Sentivo il bisogno di farlo. Mi era venuto in mente di arrivare fino alla finale e poi non presentarmi. Questa probabilmente sarebbe stata la decisione che avrebbe fatto imbestialire di più i vertici della federazione.

[…]

Quando ero uscito dalla sala avevo sentito il disappunto del pubblico. Ma ciò che capitò dopo fu anche peggiore. Ne venne fuori un gran polverone, e non sapevo neanche perché. Non mi sentivo bene, ero depresso e Stephen Hendry aveva avuto un bye: tutti contenti. Poi mi hanno multato di 25000 sterline. Che cazzo! Che è successo? Ci sono andati giù duro e non ci potevo credere. Ero furioso dopo aver ricevuto la multa. Mi sentivo ancora più isolato da tutto e tutti.

Quella notte ci diedi giù pesante.

Quando ritornai a casa, dissi a Jo cosa era successo. Poiché ero di umore così nero, lei ritornò a sostenermi: “Non ti preoccupare, è la migliore cosa tu abbia mai fatto. È la tua verità.” Risposi: “La mia verità? Non va bene se è questa. Mi hanno multato di 25000 sterline. Non va bene.”

Ritenni che la multa era troppo elevata, ma fecero bene a darmela. Dopo tutto, mi ero alzato e me ne erano andato via nel bel mezzo di un match mentre ero sotto la loro responsabilità. E se ciò divenisse un’abitudine per me, anche i tifosi potrebbero pensare di alzarsi e andarsene via.

Mi sono seduto a parlare con Rodney Walker, che era allora a capo della World Snooker, e gli ho spiegato che ero depresso e che avevo problemi in famiglia. “Sto avendo un momento molto difficile e a un certo punto sono esploso.” “Sono un po’ nevrastenico, lo sai, e quando mi viene in mente di fare qualcosa, lo faccio, ma questa volta ciò che è successo è legato soltanto alla mia vita privata.” Era la verità, ma non l’intera verità. Non gli dissi quanto ero in collera con la World Snooker.

“Va bene” mi rispose “non c’è nessun problema, sono lieto che tu me ne abbia parlato.” Ma in ogni caso la multa mi arrivò puntuale.

Probabilmente erano preoccupati del fatto che avessi lanciato una nuova moda e anche altri giocatori avrebbero potuto abbandonare i propri match di conseguenza. Ma non avrebbero dovuto spaventarsi. Gli altri giocatori non sono abbastanza folli da poterlo fare.

I tifosi per un po’ ce l’hanno avuta con me. Qualcuno mi fischiò in un match a Preston e poi anche al Master di Wembley, che era il torneo successivo. John Parrott mi aveva riempito di critiche, dicendo che dovevo ritornare a giocare solo dopo aver risolto i miei problemi. Fu davvero crudele – infierire su qualcuno che è in condizioni pietose e non mostrare neanche un po’ di empatia. Hendry fu corretto. Disse che c’era un motivo per cui lo avevo fatto, senza dubbi. Ma per tutti gli altri ero indifendibile – sei un professionista, entra in sala e gioca.

(Ronnie O’Sullivan, Running)

Video del momento in cui O’Sullivan abbandona la sala

Sull'autore

Marco Staiano

Sogni, speranze e illusioni celati in ventidue bilie colorate.

1 Commento

    La depressione è una brutta bestia e tenere sotto controllo la propria mente non è facile.
    A prescindere da tutto però, per me The Rocket sarà sempre il migliore.
    Spero di rivederlo giocare come ai tempi d’oro, dopo il mondiale vinto contro Selby si è lasciato andare totalmente con prestazioni davvero mediocri ed errori incredibili.

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